Come ogni mercato, anche quello dei diamanti possiede le sue regole e convenzioni, i suoi vantaggi e gli svantaggi, sottigliezze che possono facilmente sfuggire a un esordiente investitore. Per questo come già in passato ci sentiamo di consigliare a chi volesse iniziare a impegnarsi in questo prestigioso business di rivolgersi a un intermediario che sia serio e obiettivamente affidabile.
Oggi, dopo le diverse discussioni sui diamanti da investimento, vi proponiamo la nostra opinione sulla Diamond Private Investment (DPI)
Noi di migliori-investimenti.com vogliamo sempre essere obiettivi e trasparenti, motivo per cui abbiamo cercato e attentamente studiato i principali partner finanziari nel campo diamantifero, e vogliamo oggi parlarvi in particolare di un brand tanto diffuso quanto discusso: Diamond Private Investment, anche noto come Dpi. Di recente il marchio è stato al centro di numerose discussioni in seguito a un episodio della popolare trasmissione Report (28 novembre 2016) dove il ruolo della società, come quello di molti e ben noti istituti di credito, viene ampiamente e apertamente criticato. Cerchiamo di analizzare meglio e con più prospettiva la questione, partendo dalla nascita stessa del protagonista.
La società venne fondata nel 2005 dall’esperto manager Maurizio Sacchi, che dopo aver lavorato per anni come promotore finanziario passò nel 1989 alla Intermarket Diamond Business S.p.a, la prima vera azienda dedita alla compravendita di diamanti da investimento nel Belpaese, intrattenendo stretti rapporti con la rete bancaria italiana e maturando una notevole conoscenza del settore, esperienza necessaria per i grandi progetti dell’imprenditore. Nel 2005 infatti Sacchi fondò la Dpi, con l’ambizioso scopo di riuscire ad allargare l’utenza di questo elitario comparto, aprendo le dorate porte del mercato dei diamanti anche agli investitori e risparmiatori privati. Col passare degli anni, merito anche della decennale esperienza del manager, il marchio è cresciuto in visibilità e soprattutto efficienza: sono stati stretti accordi con le maggiori banche del continente, mentre una complessa rete di funzionari e partner istituzionali ha negli anni contribuito allo sviluppo del brand sul territorio.
Il risultato è una realtà solida e ben radicata nel territorio, con oltre 12.000 sportelli bancari attivi in tutta Italia e più di 30.000 clienti conquistati grazie alla indubbia serietà degli oltre 100 professionisti al servizio di Diamond Private Investment.
Codice etico della Diamond Private Investment e il confronto con il listino Rapaport
Si tratta insomma di numeri di tutto rispetto da schierare, specialmente in Italia, dove solo negli ultimi anni il commercio di diamanti ha iniziato ad attecchire come rinnovata e solida tipologia di investimento, sempre più suggerita anche dagli stessi istituti di credito. In questa ottica Dpi si presenta come il primo interlocutore con cui interagire per iniziare a investire in diamanti: apparentemente prestigiosa e affidabile, l’azienda non si è sempre mossa con correttezza e trasparenza sotto la luce del sole, nonostante si sia dotata di un proprio “codice etico” nel quale sono raccolti i principi condivisi e fondamentali in base ai quali affrontare ogni questione e trattativa: imparzialità, onestà, risoluzioni di conflitti di interesse, riservatezza, informazione, trasparenza, un trattamento equo per tutti ed una elegante professionalità, sono solo alcuni dei punti basilari espressi nel codice, che nell’insieme risulta un riuscito mix tra norme aziendali e nozioni etiche a quanto pare non sempre messe in pratica. Come già citato infatti a novembre la Dpi è stata spesso nominata dai media in seguito alla puntata del programma di denuncia Report, che ha svelato il rapporto tra le banche e la Diamond Private Investment e tracciato i contorni di un rapido quanto sospettoso successo: in quanto unica partner delle banche italiane, Dpi alzava i prezzi fino a 3 volte rispetto a quelli internazionali del listino Rapaport, con la complicità degli istituti di credito che esibiscono spesso grafici e informazioni parzialmente corretti, aggiungendo ovviamente servizi di commissione per il solo ruolo di intermediario.
Professionalità e sicurezza, i punti forti della società di Sacchi
In compenso la società si presenta seria e non criticabile sotto molti punti di vista strettamente burocratici: tutte le pietre trattate e vendute sono dotate del relativo certificato di autenticazione che in grado di confermarne la tracciabilità, fornito in questo caso da Gia e Hrd, e si tratta in ogni caso di brillanti non provenienti da Paesi in guerra, dove avvengono episodi di sfruttamento del lavoro o dove sono presenti enti terroristici, come prescritto dalle norme dell’ONU in materia. Inoltre dal 2013 Dpi è l’unica società del comparto diamantifero a fare parte dell’Associazione Italiana Private Banking (AIPB), che comprende in generale tutti i maggiori protagonisti dei vari settori attivi nel Belpaese, dalle assicurazioni alle banche. Infine la società di Sacchi è impegnata in diversi progetti attivi su tutta la penisola riguardanti i più disparati campi, dallo sport, al territorio passando per l’arte e la cultura, attività benefiche che indubbiamente contribuiscono a creare l’immagine di un brand eticamente irreprensibile. Questi i punti forti dell’azienda, che volenti o nolenti continua a essere un punto di riferimento per gli italiani interessati a comprendere dove investire oggi e ad acquistare queste inestimabili pietre e brillanti tesori, a meno che non decidano di procedere all’acquisto in maniera più autonoma e, purtroppo, rischiosa. Consigliamo comunque di confrontare sempre i prezzi con il mercato reale e di richiedere tutte le informazioni correttamente esposte nei contratti spesso passati troppo velocemente sotto l’occhio dell’inerme investitore.