Negli ultimi anni sempre più banche sono tornate a proporre ai risparmiatori polizze e assicurazioni sulla vita come rinnovate e redditizie forme di investimento, una tendenza confermata negli ultimi mesi anche da diversi servizi giornalistici. Vogliamo tuttavia portare maggiore chiarezza sul tema, analizzando obiettivamente pregi, difetti e caratteristiche di questo strumento finanziario, partendo dalla sua definizione. Una polizza vita è in pratica un contratto stipulato da una compagnia di assicurazioni o istituto di credito con il contraente, dove la banca in questione si impegna dietro la corrispondenza di un premio a liquidare il beneficiario (o i beneficiari) prestabiliti alla sottoscrizione del contratto attraverso un versamento unico o una rendita fissa in seguito alla morte dell’assicurato. Si tratta di uno strumento importante in termini previdenziali, utile per far fronte ai problemi economici che potrebbero verificarsi nel caso della morte di un membro della famiglia, un evento drammatico che facilmente concorrerebbe a minare la stabilità economica di una nucleo famigliare.
Le assicurazioni sulla vita, conoscere oggi le percentuali di guadagno e i vantaggi fiscali
Cerchiamo di capire meglio come si articola un contratto di questo tipo. Una polizza vita prevede la presenza di quattro diverse figure: il contraente, ovvero colui che di fatto sottoscrive la polizza e che si impegna dunque a onorarla attraverso il pagamento dei premi. Egli può essere sia una persona fisica che giuridica. La seconda figura è l’assicuratore, ovvero la persona che fisicamente rappresenta la banca o compagnia assicurativa in questione: il funzionario deve quindi possedere il mandato della società che rappresenta, il quale attesti senza dubbio che egli è autorizzato a operare nel settore Vita. La banca o compagnia deve inoltre disporre dell’autorizzazione fornita dal Ministero dell’Industria, un’ulteriore segnale di affidabilità sempre necessario. L’assicuratore in pratica è colui che riscuote il premio assicurativo dal contraente per poi liquidarli secondo i termini prefissati. La terza figura è invece lo stesso assicurato, ovvero la persona sulla cui vita si basa il contratto stipulato, mentre l’ultima figura è il beneficiario, ovvero colui che riceve la liquidazione prevista dal contratto al verificarsi delle condizioni fissate in partenza.
Le tipologie di polizze vita esistenti
Per soddisfare questa necessità il mercato assicurativo e le grandi banche hanno elaborato diversi prodotti in grado di soddisfare le più disparate esigenze. Nello specifico esistono tre principali tipologie di polizze vita:
- Polizze vita miste: questo tipo di polizze prevede la liquidazione di un capitale al beneficiario sia in caso di morte dell’assicurato che in caso di vita dello stesso; nel caso in cui, alla scadenza del contratto, l’assicurato fosse in vita, il capitale previsto può essere versato da parte della compagnia assicurativa o in un’unica soluzione o come rendita vitalizia.
- Polizze vita caso vita: questo tipo di polizze è caratterizzato dal fatto che alla loro scadenza viene versato al beneficiario un capitale o una pensione integrativa. In questo caso l’assicurazione non prevede alcuna copertura in caso di morte dell’assicurato, ma se ciò dovesse accadere nel corso di validità della polizza, agli eredi del defunto verrà erogato il cumulo dei premi versati fino al decesso dell’assicurato, rivalutato a seconda del rendimento ottenuto grazie alla gestione del patrimonio operata da parte della compagnia assicurativa.
- Polizze vita caso morte: questo tipo di polizze assicura la liquidazione di un capitale al beneficiario indicato in polizza in caso di morte dell’assicurato, e pertanto non prevede alcun versamento da parte della compagnia assicurativa nel caso in cui, alla scadenza del contratto, l’assicurato sia ancora in vita.
Vantaggi e svantaggi legati alle polizze vita
Si tratta quindi di una utile forma di previdenza integrativa, ma in realtà non è uno strumento nato come forma di investimento, una nozione che già da sola dovrebbe dare da pensare circa la loro affidabilità. Vediamo nella pratica quali sono i principali vantaggi e svantaggi riscontrabili investendo in questo strumento. Da un lato le polizze offrono notevoli vantaggi di tipo fiscale e di protezione contro la volatilità: le polizze rivalutabili (anche dette “a gestione separata”) non sono infatti soggette all’imposta di bollo dello 0,15% che pende invece su tutti gli altri investimenti finanziari. Inoltre garantiscono un rendimento fisso minimo annuale consolidato, bloccato e riconosciuto al sottoscrittore a tempo debito. Non fanno poi parte dell’asse ereditario e le somme liquidate non sono né pignorabili né sequestrabili, così come non sono soggette alle imposte di successione. I premi versati poi sono detraibili fino a 1291 euro l’anno, i rendimenti riferiti alla quota investita in titoli governativi (che di solito costituiscono la maggior parte del patrimonio) sono soggetti a una ritenuta del 12,5% invece del 20%, e per loro natura tendono a fornire una discreta protezione dalle continue oscillazioni di mercato. Infine le polizze vita garantiscono tendenzialmente ritorni maggiori rispetto ai Buoni Ordinari del Tesoro, anche se mediamente minori rispetto a un BTP di media scadenza.
Per quanto riguarda invece gli svantaggi, le polizze vita sono principalmente sconsigliabili per via dei costi diretti o indiretti, che rispetto ad altri strumenti finanziari risultano decisamente più elevati. Infatti i caricamenti applicati da banche o compagnie sono solitamente tra il 2% e il 7%, una percentuale che cala col passare del tempo e traducibile nella seguente frase: soltanto una minima parte del premio versato viene in realtà investita. Inoltre soltanto una parte della resa annuale viene riconosciuta al cliente, solitamente una percentuale intorno all’80%, mentre un eventuale riscatto della polizza (ovvero una rescissione anticipata) sarebbe alquanto penalizzante, specialmente nei primi anni. Infine è ormai assodato che sempre più spesso le banche non garantiscono a volte neppure un rendimento minimo nelle polizze stipulate, ma solo la restituzione dei premi versati. Solitamente questa clausola viene giustificata incolpando gli attuali, bassi tassi di interesse, ma in realtà toglie solo l’attenzione dalla realtà dei fatti: stipulare una polizza vita è decisamente più un affare per la banca o compagnia assicurativa che per il risparmiatore, il quale potendo oggi scegliere tra una enorme gamma di strumenti finanziari dovrebbe a nostro parere rivolgere la sua attenzione e soprattutto la sua fiducia verso altri e più sicuri investimenti, in grado di diversificare maggiormente gli asset, diminuire i rischi e fornire un reale ritorno non inficiato dagli interessi degli istituti di credito.
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